Pnl e spiritualità: paralleli centripeti (parte seconda)
Programmazione neurolinguistica e spiritualità: paralleli centripeti (parte seconda).
Grande apertura
Ritengo che la pnl funzioni e affascini soprattutto per un motivo: non è un modello rigido.
I piennelisti, quelli veri, sono dei creativi, sempre aperti a innovazioni, persino a contaminazioni. Non di rado ho assistito a lezioni di piennelisti che utilizzavano, oltre ai testi “sacri” di Bandler, Grinder, Dilts e compagnia, anche libri tutt’altro che scientifici di autori quali Castaneda, De Mello, Sibaldi… Per non parlare delle favole, dei koan e delle storie Zen e Sufi…
Questa grande apertura da parte di un modello ispirato dai ‘tipi logici’ matematici di Russell e Whitehead è perfino commovente nella sua “paradossalità”. Forse è stata l’anima linguista fondamentale della pnl a salvarla dall’inquadramento dottrinale: come sappiamo la lingua è in continua evoluzione e facilmente si lascia contaminare da influenze innovatrici interne o da flussi stranieri.
Come la pnl non si chiude in schemi rigidi e insuperabili, così l’evoluzione spirituale non può avere confini: tutti coloro che si convincono e cercano di convincerci sulla validità di dogmi, moralismi e regole mirano a castrare le anime, non certo a farle vivere.
Sentir parlare un piennelista di maestri invisibili, reincarnazione e altre finezze degne di un teologo illuminato, mi ha convinto sull’innocenza della pnl, che come sistema è stata ingiustamente accusata di manipolazione… ma non è la natura di un sistema la causa delle manipolazioni, bensì quella degli uomini. Una legge può essere la migliore al mondo, ma se cade in mano di un tiranno violento o di sudditi disobbedienti, diventa all’istante carta straccia.
La verità è che la scienza sta sempre più avvicinandosi alla religione: non gli basta più l’analisi dei fatti materiali, ora è tentata dalla sintesi, dalla scoperta del mistero del vuoto… dal pensiero di “Dio”. In fondo cos’è che diceva Albert Einstein, non un sacerdote ma il più famoso fisico del diciannovesimo secolo? “Voglio conoscere il pensiero di Dio, il resto sono dettagli.”
La pnl s’è accorta, più o meno consapevolmente, che un modello scientifico può essere funzionale al benessere dell’uomo, ma non sufficiente a saziarne l’anima. Ecco allora l’avvicinamento alle scoperte cabalistiche, che conducono all’insegnamento dell’integrazione.
L’integrazione
Il termine integrazione può essere analizzato su due livelli distinti ma convergenti: il mentale e lo spirituale. Nel primo, il miglior utilizzo del cervello ci viene dall’azione integrata dei due emisferi, destro e sinistro. Come ormai sanno anche le talpe, l’emisfero destro si occupa di creatività, intuizione, interezza, analogicità…, mentre quello sinistro, complementarmente, di razionalità, logica, ordine, digitalità … Nel secondo, cioè dal punto di vista spirituale, l’integrazione avviene più in generale tra animus e anima, tra l’io mentale e l’anima, tra gli opposti complementari del maschio e della femmina, di Yin e Yang… Non si può pretendere di conoscere la verità servendosi di un solo emisfero cerebrale o seguendo esclusivamente i bisogni della nostra parte maschile: questo è stato il grave errore del razionalismo! Così come la scienza non soddisfa le più intime esigenze dell’anima, la religione non cura sufficientemente i bisogni di logica della sfera razionale. Finalmente l’uomo comincia a comprendere che esiste un parallelismo tra il “pensiero scientifico” e quello mistico: le conclusioni del relativismo ristretto e della meccanica quantistica si avvicinano clamorosamente a quelle dei più grandi pensatori orientali, fino, in molti casi, a coincidere!
Il conflitto tra pensieri razionali e spirituali è inutile perché il fine ultimo è lo stesso.
La com-unione fa la forza! La guerra tra modelli (e anche le religioni lo sono) è assurda, appunto perché il punto d’arrivo è il medesimo per tutti. Separare è azione funzionale all’integrare, non sua nemica.
Non è perciò azione intelligente collaborare?
Evviva la pnl dunque, o almeno quella parte di pnl che dimostra la grande apertura tipica dei monaci tibetani e, in genere, degli uomini illuminati… la grande apertura che dobbiamo diffondere sulla Terra.
L’idea che crea
Proseguendo nell’analisi degli aspetti spirituali della ‘nostra’ disciplina, una delle affermazioni fondamentali “La mappa non è il territorio…” è un insegnamento mistico.
“La realtà è diversa dalle apparenze” dice il Dalai Lama; “L’idea non è la realtà” sostiene Anthony De Mello, padre gesuita, in “Chiamati all’amore”.
Proviamo a spingerci oltre… Che l’idea crei la realtà, la pnl non lo dichiara apertamente, ma è sotto-inteso nella concettualizzazione stessa di mappa: se la mia realtà attuale, il mio problema, svanisce modificando la mappa e programmandomi al nuovo, ciò significa che il mondo del problema aveva una madre ben precisa insita nell’immagine mentale che mi facevo della realtà, nelle strategie sensoriali che utilizzavo, nelle convinzioni su me stesso, sugli altri, sul mondo… Cambiate queste, cambia la realtà!
Da dove proviene la nuova immagine, se non da un’illuminazione? Per illuminazione s’intende la scoperta di una parte di sé fino a quel momento nascosta o repressa, una scoperta che, attraverso l’accesso alla parte creativa della persona, tocca l’anima. Non a caso, alcuni esercizi della pnl prevedono il ricorso a figure simboliche quali il mago che funge da intermediario tra le esigenze razionali e inconsce del soggetto, o richiamano il periodo infantile nel dialogo tra l’io adulto e l’io bambino… non sono rari nemmeno gli esercizi di racconto, re-interpretazione e costruzione di fiabe, strutturalmente costruite per aiutare proprio la parte creativa a ristrutturare positivamente le confusioni e le costruzioni inconsce.
L’importanza della creatività e delle emozioni è evidente nella pnl: il piennelista, dopo aver chiarito la mappa del soggetto, non fa altro che sollecitare la sua creatività nel ricostruire l’immagine interna (l’idea crea la realtà!) e nell’utilizzare il barometro emozionale nell’ancoraggio di soluzioni positive e motivanti trovate in autonomia dalla persona stessa. Essa accede a potenzialità che da sempre esistevano al suo interno, ma che non era in grado di esprimere, per mancanza di fiducia o per la barriera di convinzioni limitanti.
Lascia un Commento