Pnl e spiritualità: paralleli centripeti
Programmazione neurolinguistica e spiritualità: paralleli centripeti (parte prima).
Accostare programmazione neuro linguistica e spiritualità ai più parrà esercizio azzardato, quantomeno inutile. Tant’è: alcuni sostengono che la filosofia sia disciplina futile e oziosa, altri che sia indispensabile all’umano intelletto… Wildianamente parlando è vero tutto e l’incontrario di tutto. Così, in barba agli scettici, mi propongo un paragone tra un modello a base scientifica, qual è la pnl, e il mondo spirituale, quello delle religioni, dei saggi d’oriente e d’occidente, delle sacre scritture e dei manoscritti illuminanti…
Forze centripete stanno avvicinando inesorabilmente scienza e spiritualità: la pnl può contribuire a velocizzare questo inevitabile processo, esattamente come ha fatto per le sedute terapeutiche.
Se chi legge ha un’idea di cosa sia la pnl, come la maggior parte dell’umanità potrebbe al contrario conservare dubbi su cosa s’intenda con il termine spiritualità. Come rendere tangibile un concetto astratto, come dare concretezza ad un “soffio” (spiritus)? La spiritualità ci porta in una dimensione senza tempo né spazio che la nostra mente non può concepire, né concettualizzare, ma soltanto intuire. Ci porta a ragionare sulla causa prima e sulla fine di ogni cosa, sulla vita e sulla morte. Purtroppo ragionare non basta per ottenere risposte soddisfacenti nel campo della spiritualità: occorre per forza di cose avere fede. Per facilitarci il critico compito della comprensione attraverso la fede, deleghiamo a un Dio l’ingrato incarico di occuparsene al posto nostro… così crediamo d’aver risolto il problema perché ci basta ascoltare la Sua parola per comprendere. E no! Troppo facile! La spiritualità è cosa strettamente personale e non vi sono regole nella dimensione del soffio, se non quella del “Io so.”
Ed ecco il primo parallelo con la pnl.
Non noi, io
La pnl esce dai canoni classici della psicoterapia: cerca per quanto possibile di evitare di cadere in dicotomie, categorizzazioni, etichette… per rispettare invece la Persona, la singola persona portatrice di una verità assolutamente unica. La pnl non crede nel “noi”, nello spostamento degli indici referenziali, nell’assenza in sostanza di un soggetto responsabile e creatore. Tutt’altro: è il soggetto, con la sua specifica esperienza nel mondo, a generare l’attualità del suo vivere, la percezione che risiede nella cosiddetta mappa.
Così nella spiritualità: Gesù apprezzava coloro che iniziavano la frase con “Io…”, Ponzio Pilato compreso finché non cedette alle richieste del popolo, del “noi” appunto, che lo “obbligò” a cedere e a crocifiggere il messia. Cosa disse Gesù agli uomini che volevano lapidare l’adultera? Va bene, fatelo pure, ma uno ad uno! Nessuno ebbe il coraggio di scagliare la pietra: il noi offusca la verità dell’io.
Il rapporto tra pienneleuta e ‘paziente’ è un contratto tra un “io” e un altro “io”, non tra il rappresentante degli psicologi sapienti e quello dei malati inermi. E’ proprio un contratto psicologico, nel senso etimologico del termine: λογος (parola) e ψμχή (anima). “Psicologo” e cliente concordanoun discorso e quindi un percorso di ricerca dell’anima, partendo da una serie di premesse positive e da un sistema caratterizzato da modelli linguistici (Metamodello, Sleight of Mouth, Milton model). Questo percorso ha una funzione sostanzialmente catartica: individuando le distorsioni nel linguaggio (cancellazioni, generalizzazioni e deformazioni) e le convinzioni limitanti presenti nella mappa, si può ottenere un graduale superamento della superficialità comunicazionale, con il fine, seppur non dichiarato, di liberare l’anima dai lacci culturali ed esperienziali in cui era rimasta ingabbiata. La pnl fa lo stesso lavoro dei maestri orientali: una pulitura del surplus, non un riempimento; semmai, l’eventuale nuova programmazione spetta alla persona attraverso l’acquisita consapevolezza e strumenti come la visualizzazione, tecnica su cui la pnl ha fornito un pregevole contributo (soprattutto con le submodalità di Bandler), ma che risale quanto meno all’antica sapienza orientale. Il requisito essenziale per l’efficacia del terapeuta in questa che possiamo ritenere un’autentica missione è la sua capacità di adeguamento al paziente: gli apostoli “cominciarono a parlare in altre lingue […] ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua.” Atti 2, 18. L’ultimo grande apostolo è stato, anche in questo senso, Karol Wojtyla.
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